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Le Sentenze Sulla Mediazione


Presento alcune delle sentenze che la Cassazione ha emesso sull’argomento “mediazione”: ecco un modo singolare per chiarire meglio i diritti ed i doveri della figura del mediatore anche al fine di evitare le eventuali controversie che possano insorgere tra questo professionista ed i suoi clienti.


law
La Sentenza Sulla Mediazione


Nozioni interessanti su cui riflettere

Per aver diritto alla provvigione, basta segnalare l’esistenza dell’affare e mettere in contatto i contraenti

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Cassazione, 17/5/02 n. 7253 Nella mediazione, anche la semplice attività consistente nella segnalazione dell’affare, legittima il diritto alla provvigione, quando tale attività costituisca il risultato utile di una ricerca fatta dal mediatore, successivamente valorizzata dalle parti. #

Cassazione, 13/8/97 n. 7554 Il diritto del mediatore alla provvigione sorge quando la conclusione dell’affare sia in rapporto causale con l’opera dallo stesso svolta senza che sia necessario il suo intervento in tutte le fasi delle trattative fino all’accordo definitivo, con la conseguenza che anche la semplice attività consistente nel reperimento e nell’indicazione dell’altro contraente, o nella segnalazione dell’affare, legittima il diritto alla provvigione, semprechè tale attività costituisca il risultato utile di una ricerca fatta dal mediatore e poi valorizzata dalle parti. #

Cassazione, 16/1/97 n. 392 Ai fini del diritto del mediatore alla provvigione l’art. 1755 c.c. non richiede l’intervento del mediatore in tutte le fasi delle trattative sino all’accordo definitivo, ma è sufficiente che la conclusione dell’affare possa ricollegarsi all’opera da lui svolta per l’avvicinamento dei contraenti, con la conseguenza che anche la sola attività consistente nel ritrovamento o nell’indicazione dell’altro contraente o nella segnalazione dell’affare legittima il diritto alla provvigione, sempre che tale attività costituisca il risultato utile di una ricerca fatta dal mediatore e poi valorizzata dalle parti. L’imparzialità del mediatore non consiste in una generica ed astratta equidistanza dalle parti, né può escludersi per il solo fatto che il mediatore prospetti a taluna di queste la convenienza dell’affare, ma va intesa, conformemente al dettato dell’art. 1754 c.c., come assenza di ogni vincolo di mandato, di prestazione d’opera, di preposizione institoria e di qualsiasi altro rapporto che renda riferibile al dominus l’attività dell’intermediario.

Quando nasce il diritto a provvigione

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Cassazione, 10/5/02 n. 6731 Anche la conclusione di un preliminare di compravendita dà diritto alla provvigione, per il mediatore, se l’affare voluto dalle parti da lui messe in contatto è una compravendita, salvo che sussista un’originaria causa di inefficacia dello stesso. Anche il successivo scioglimento del rapporto esclude il diritto del mediatore alla provvigione, ma solo se si ricolleghi a cause coeve, che il mediatore sapeva avrebbero potuto produrlo. Esattamente, in particolare, è affermato il diritto del mediatore alla provvigione nell’ipotesi in cui le parti abbiano sottoscritto un preliminare, successivamente risolto consensualmente, avente a oggetto un immobile realizzato in difformità della licenza edilizia, qualora risulti che sussistevano le condizioni per il rilascio di una concessione in sanatoria ai sensi dell’articolo 13 della legge n. 47 del 1985. (Opera che, sebbene realizzata in parziale difformità dal progetto inizialmente approvato, non sia in contrasto con la disciplina urbanistica che avrebbe dovuto essere osservata e con quella in atto al momento della presentazione della domanda di sanatoria). #

Cassazione, 9/10/01 n. 12361 Per conclusione dell’affare dalla quale, à norma dell’articolo 1755 del Cc, sorge il diritto alla provvigione del mediatore, deve intendersi il compimento di un’operazione nè di natura economica generatrice di un rapporto obbligatorio tra le parti, di un atto in virtù del quale sia costituito un vincolo che dia diritto di agire per l’adempimento dei patti stipulati o, in difetto, per il risarcimento. del danno, sicché anche la stipulazione di un contratto preliminare è sufficiente a far sorgere tale diritto senza doversi attendere la conclusione del contratto definitivo.. #

Cassazione, 18/5/01 n. 6827 Al fine di riconoscere il diritto del mediatore alla provvigione l’affare deve ritenersi concluso quando tra le parti, poste in relazione dal mediatore, si sia costituito un vincolo giuridico che abiliti ciascuna di esse ad agire per la esecuzione del contratto; pertanto, anche un contratto preliminare di vendita di cosa altrui deve essere considerato atto conclusivo dell’affare, in quanto tale tipo di contratto non é né nullo né annullabile, importando solo l’obbligo a carico del venditore di acquistare dal proprietario il bene per trasmetterlo al compratore che ne diviene proprietario nel momento in cui il venditore ne consegue la proprietà. #

Cassazione, 11/5/01 n. 6599 Al fine di riconoscere al mediatore il diritto alla provvigione, l’affare deve ritenersi concluso quando, tra le parti poste in relazione dal mediatore medesimo, si sia costituito un vincolo giuridico che abiliti ciascuna di esse ad agire per la esecuzione specifica del negozio o per il risarcimento del danno, con la conseguenza che anche la stipula di un contratto preliminare può legittimamente considerarsi come “atto conclusivo dell’affare”. #

Cassazione, 11/1/01 n. 325 Ai fini del riconoscimento del diritto del mediatore alla provvigione, l’affare deve ritenersi concluso quando fra le parti poste in relazione dal mediatore siasi costituito un vincolo giuridico che abiliti ciascuna di esse ad agire per l’esecuzione del contratto. #

Cassazione, 30/12/97 n. 13132 Al fine di riconoscere al mediatore il diritto alla provvigione, l’affare deve ritenersi concluso quando, tra le parti poste in relazione dal mediatore medesimo, si sia costituito un vincolo giuridico che abiliti ciascuna di esse ad agire per la esecuzione del negozio, con la conseguenza che anche la stipula di un contratto preliminare può legittimamente considerarsi come “atto conclusivo dell’affare”, a nulla rilevando la qualità o la quantità del lavoro svolto dal professionista, il cui unico onere, onde ricevere il dovuto compenso, consiste, appunto, nel procurare il risultato della conclusione dell’affare. #

Cassazione, 3/10/97 n. 9676 Al fine di riconoscere il diritto alla provvigione al mediatore ex art. 1755 c.c., l’affare deve ritenersi concluso quando tra le parti poste ‘ in relazione dal mediatore si sia validamente costituito un vincolo giuridico che abiliti ciascuna di esse ad agire per l’esecuzione del contratto; pertanto, anche un contratto preliminare di compravendita deve considerarsi atto conclusivo dell’affare, salvo che le parti abbiano inteso derogare alla disciplina legale attribuendo il diritto alla provvigione al momento della sottoscrizione del contratto definitivo di compravendita.

Deve esserci un rapporto casuale tra l’attività del mediatore e la conclusione dell’affare

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Cassazione, 21/11/00 n. 15014 Il diritto del mediatore alla provvigione sorge quando la conclusione dell’affare sia in rapporto causale con l’opera dello stesso svolta, senza che sia necessario il suo intervento in tutte le fasi delle trattative, fino all’accordo definitivo, con la conseguenza che anche la semplice attività consistente nel reperimento e nella indicazione dell’altro contraente, o nella segnalazione dell’affare, legittima il diritto alla provvigione, sempre che la descritta attività costituisca il risultato utile di una ricerca fatta dal mediatore, e poi valorizzata dalle parti; né, una volta concluso l’affare, assume rilevanza, sotto il profilo della incidenza sulla efficienza causale esclusiva o concorrente dell’opera di detto mediatore, la assoluta identità delle condizioni alle quali la trattativa sia stata portata a termine solo successivamente, e con l’intervento di altro mediatore, non essendo un unico elemento di parziale differenziazione, da solo, idoneo ad interrompere il nesso eziologico tra l’attività originariamente svolta dal soggetto che per primo aveva messo le parti in relazione tra loro e l’affare tra le stesse concluso (nella specie, in applicazione di tale principio, la suprema corte ha cassato la sentenza di appello che, in difformità della decisione di primo grado, aveva escluso la sussistenza del diritto alla provvigione in capo al mediatore che aveva messo in relazione, per la compravendita di un appartamento, due soggetti, i quali, per iniziale disaccordo sul prezzo, avevano concluso l’affare solo in un momento successivo, e dopo aver affidato al trattativa ad altro mediatore, a seguito di una modesta riduzione, da centotrenta a centoventitrè milioni, del prezzo dell’immobile). Né l’intervallo di tempo tra la conclusione del contratto e le prime trattative, né il successivo interessamento anche di altri soggetti, sono, in sé, circostanze idonee ad escludere che l’attività iniziale, espletata da colui che pretende la provvigione, costituisca l’antecedente necessario della conclusione dell’affare, e perciò non interrompono il nesso di causalità tra quella e questa. Gli usi normativi, contemplanti dall’art. 1 n. 4 disp. prel. c.c. sono norme giuridiche che il giudice ha l’obbligo si applicare se le conosce, ma non ha l’onere di indagare personalmente per accertarne l’esistenza disponendo ex officio attività istruttorie per sopperire all’inerzia delle parti. #

Cassazione, 2/8/01 n. 10606 Il diritto del mediatore alla provvigione sorge quando la conclusione dell’affare sia in rapporto causale con l’opera dallo stesso svolta, e, pur non essendo richiesto che tra l’attività del mediatore e la conclusione dell’affare sussista un nesso eziologico diretto ed esclusivo, è tuttavia necessario che – anche quando il processo di formazione della volontà delle parti sia complesso e protratto nel tempo e altri soggetti si adoperino per la conclusione dell’affare – la messa in relazione da parte del mediatore costituisca pur sempre l’antecedente necessario per pervenire, anche attraverso fasi e vicende successive, alla conclusione dell’affare (nella specie la suprema corte ha confermato la sentenza d’appello che aveva escluso il diritto a provvigione in un caso in cui una prima fase di trattative avviate con l’intervento del mediatore era stata interrotta senza conclusione dell’affare, e la ripresa delle trattative era intervenuta successivamente, per effetto di iniziative nuove, in nessun modo ricollegabili con le precedenti o da queste condizionate).

L’attività del mediatore non deve essere per forza il fattore determinante per la conclusione dell’affare

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Cassazione, 5/7/01 n. 9078 Il diritto del mediatore alla provvigione deve essere riconosciuto anche quando l’attività da lui svolta in concreto non sia qualificabile quale fattore esclusivo e determinante la conclusione dell’affare, risultando sufficiente invece che, rispetto al negozio concluso dalle parti, l’attività di intermediazione assuma il carattere indefettibile della completezza e non venga per contro in rilievo, una volta stipulato il negozio medesimo, la contestazione dell’esistenza di originari ripensamenti di una delle parti del rapporto di mediazione, da ritenersi inidonei ad incidere sull’efficienza causale, esclusiva o concorrente dell’opera del mediatore, ovvero all’eventuale successivo intervento di altro intermediario nel corso delle stesse trattative. #

Cassazione, 5/7/01 n. 9078 Al mediatore spetta il compenso di provvigione pur in assenza di un incarico specifico, purché sussista il rapporto di causalità tra il suo operato e la conclusione dell’affare; il diritto del mediatore deve essere riconosciuto anche quando l’attività da lui svolta in concreto non sia qualificabile come fattore esclusivo determinante la conclusione dell’affare, risultando sufficiente, invece che, rispetto al negozio concluso dalle parti, l’attività di intermediazione assuma il carattere indefettibile della completezza e non venga in rilievo, una volta stipulato il negozio medesimo, la contestazione dell’esistenza di originari ripensamenti di una delle parti del rapporto di mediazione, ovvero dell’eventuale successivo intervento di altro intermediario nel corso delle stesse trattative.

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Cassazione, 11/6/99 n. 5760 Per ottenere il pagamento della provvigione, il mediatore ha l’onere di provare l’esistenza d’un valido nesso causale tra l’attività mediatoria e la conclusione dell’affare; la prova di tale nesso causale non può tuttavia essere fornita semplicemente dimostrando la successione cronologica tra attività del mediatore e conclusione dell’affare, in base al paralogismo post hoc, ergo propter hoc.

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Cassazione, 23/4/99 n. 4043 In tema di mediazione, l’accertamento della esistenza di un nesso di causalità tra l’affare concluso dopo la scadenza del mandato e l’attività svolta dal mediatore nel corso del mandato stesso costituisce apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito, sottratto al sindacato di legittimità se congruamente motivato.

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Cassazione, 28/7/97 n. 7048 Il diritto del mediatore alla provvigione va riconosciuto anche quando la attività da lui svolta in concreto non sia qualificabile come fattore esclusivo o determinante della conclusione dell’affare, risultando sufficiente, invece, che, rispetto a quest’ultimo, la menzionata attività presenti il solo, indefettibile carattere della completezza, e non assumendo, per contro, rilievo, una volta stipulato il negozio, la contestazione dell’esistenza di originari ripensamenti di una delle parti del rapporto di mediazione (da ritenersi inidonei ad incidere sull’efficienza causale, esclusiva o concorrente, dell’opera del mediatore), ovvero dell’eventuale, successivo intervento di altro intermediario nel corso delle stesse trattative.

Non occorre che tra venditore e acquirente si firmi un contratto

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Cassazione, 28/6/01 n. 8850 Il diritto del mediatore alla provvigione, ex art. 1755 c.c., deve essere riconosciuto in relazione alla conclusione dell’affare e non già in relazione alla conclusione del relativo negozio giuridico tra le stesse parti, e permane anche se le parti sostituiscono altri a se stesse nella stipulazione del contratto; in tal caso, peraltro, debitore della provvigione resta pur sempre la parte originaria (essendo costei la persona con cui il mediatore ha avuto rapporti), con la conseguenza che nessuna efficacia interruttiva della prescrizione del diritto alla provvigione stessa può attribuirsi, rispetto alla nuova parte, all’eventuale atto di costituzione in mora compiuto nei confronti della parte originaria, in assenza di ogni vincolo di solidarietà tra le predette.

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Cassazione, 22/5/01 n. 6963 Il consenso necessario per ritenere concluso il contratto di mediazione ove sia frutto di uno specifico incarico conferito al mediatore, può essere manifestato validamente anche per facta concludentia come quando la parte si avvalga consapevolmente dell’opera del mediatore ai fini della conclusione dell’affare.

Non occorre un incarico espresso

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Cassazione, 30/1/01 n. 1290 In tema di mediazione, ove sia concluso l’affare tra le parti comunque messe in contatto da un intermediario, il diritto di quest’ultimo alla provvigione sorge anche in assenza di un incarico espresso o ricostruibile, purché l’attività svolta dal richiedente detta provvigione abbia avuto efficacia concausale ai fini della conclusione dell’affare..

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Cassazione, 11/5/98 n. 4742 Il diritto alla provvigione sorge per il mediatore anche in assenza di un incarico specifico purché sussista il rapporto di causalità tra l’operato del mediatore e la conclusione dell’affare, come nel caso in cui le parti siano state poste in relazione fra loro a tal fine.

Divisione della provvigione tra più mediatori

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Cassazione, 21/6/00 n. 8443 Il diritto alla divisione tra più mediatori sorge, a norma dell’art. 1758 c.c., soltanto quando essi abbiano cooperato simultaneamente e di comune intesa, ovvero autonomamente, ma giovandosi l’uno dell’attività espletata dall’altro, alla conclusione dell’affare, in modo da non potersi negare un nesso di concausalità obiettiva tra i loro interventi e la conclusione dell’affare, e sempre che si sia trattato dello stesso affare, sia sotto il profilo soggettivo, che oggettivo.

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Cassazione, 4/2/00 n. 1233 Il diritto alla provvigione spetta a chi abbia prestato effettivamente opera di mediazione e, quindi, abbia cooperato a mettere in relazione i soggetti del contratto principale; tale cooperazione non si esplica – e pertanto non sussiste la fattispecie contrattuale della mediazione – nel caso in cui un soggetto si limiti a segnalare l’affare ad altri, il quale poi provvede a ricercare il contraente ed a stabilire il contatto tra le parti.

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Cassazione, 13/2/98 n. 1564 Il diritto alla divisione della provvigione tra più mediatori sorge a norma dell’art. 1758 c.c. non soltanto quando essi abbiano cooperato simultaneamente e di comune intesa alla conclusione dell’affare, ma anche quando abbiano agito successivamente ed in modo autonomo, purché l’uno di essi si sia giovato dell’apporto utile dell’altro, limitandosi da parte sua ad integrarlo ai fini del raggiungimento dell’accordo in modo da non potersi negare un nesso di concausalità obiettiva tra i singoli e separati interventi dei vari mediatori e la conclusione dell’affare.

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Cassazione, 7/8/97 n. 7311 In materia di mediazione, l’art. 1758 c.c. non ha carattere di disposizione speciale rispetto all’art. 1755, per cui, anche quando la conclusione dell’affare sia stata determinata dall’attività intermediatrice di più persone, soggetto obbligato al pagamento della provvigione è sempre e soltanto ciascuna delle parti che hanno concluso l’affare, mentre la pluralità dei mediatori comporta, data la divisibilità della obbligazione, l’applicazione della regola di cui all’art. 1314 c.c.; pertanto, poiché ciascuno dei mediatori, ai sensi del cit. art. 1758 c.c., ha diritto ad una quota della provvigione, l’obbligato può considerarsi liberato solo quando abbia corrisposto a ciascuno la quota spettategli, salvo che sia stata pattuita la solidarietà dell’obbligazione dal lato attivo, nel qual caso è liberatorio il pagamento dell’intera provvigione ad uno solo dei mediatori e gli altri hanno azione esclusivamente contro quest’ultimo per ottenere la propria parte.

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